Della pratica riflessiva ovvero del qui e ora

Poco tempo fa in un incontro savonese con il prof. Simone Giusti ho segnato sul mio taccuino la sua frase “insegnare qui ed ora” non “lì e altrove”.

Ho pensato che è proprio una precisa definizione di quello che guida spesso me e il gruppo IWT e cioè la pratica riflessiva. Che tipo di docente sono io o voglio essere? Questa è la prima domanda che mi pongo.

E poi: cosa vuol dire per me oggi insegnare italiano? Cosa voglio che i miei studenti imparino? Quali abilità e quali competenze devono avere per stare nel mondo del XXI secolo? E soprattutto chi sono oggi questi studenti?

Per me è abbastanza evidente che essi non sono più quelli di dieci o forse anche cinque anni fa. Non rimpiango affatto quelli “di una volta”. Ammesso che fossero migliori ( io non credo, solo diversi) debbo però lavorare con quelli che ora ho nei miei banchi , hic et nunc.

Non posso cambiare una intera generazione di giovani e, anche se potessi, non vorrei. Li trovo adorabili così come sono. Con il loro essere giovani e tutto quello che nell’insieme ciò comporta. Non vorrei cambiarli, vorrei essere però per loro significativa e affidabile. Vorrei sperimentare percorsi di senso, ridare vita al loro modo asfittico di stare a scuola. Restituire dignità a tutti, dignità di studenti cioè di coloro ” che aspirano” a imparare qualcosa.

Non è facile. Ma, mi chiedo, se non lo fa la scuola tutto ciò, chi lo potrà mai fare? Chi potrà mai attrezzarli per renderli cittadini attivi, uomini e donne consapevoli che possiedono strumenti di pensiero idonei a interpretare la complessità dell’oggi?

Molti colleghi pubblicano sui social gli strafalcioni dei loro allievi. Certi davvero grossolani e risibili. A me però non fanno ridere per niente. Se mai mi pongono domande, mi interrogano. Io non lo faccio mai, lo trovo poco onesto nei loro confronti. Non riesco a deriderli se convertono parole in altre con senso diverso, se pigliano grandiosi abbagli in storia o geografia. Piuttosto mi domando perché. E la risposta che mi do è sempre che io devo avere sbagliato qualcosa. Perché io insegno, loro imparano. Sono il mio specchio imperfetto, magari deformato, ma lo sono.

E allora ecco il senso della pratica riflessiva. A Sfide dove sono stata recentemente mi sono interrogata sul mio retroterra di docente. Da dove vengo? Quale idea di scuola ho? Che strada intendo seguire?

Solo così posso trovare senso in quello che faccio. Oggi ad esempio la quantità di informazioni e conoscenze che tutti hanno a disposizione è enorme. Sono pertanto sicura che il mio ruolo sia, come lo era per i miei prof, quello di passarmi sapere? O forse non dovrei aiutarli a destreggiarsi in mezzo a questo enorme serbatoio di vita e notizie che è il web e da cui loro attingono ogni giorno? Come la mettiamo poi con la letteratura? Se una volta bastava la vita del mio amato Giacomo a spiegare qualche suo verso e una buona parafrasi oggi questo non basta più. Non può bastare perché fuori, nel mondo, c’è altro. C’è di più e di meglio. E allora io li devo tenere attaccati al mio Giacomo, perché lo amino come me e perché risuoni in loro come deve essere, in altro modo.

Questo io credo. Quando Simone Giusti ha detto qui ed ora io ho pensato ai volti e agli occhi che ho davanti ogni giorno. Sono loro il mio qui. Ed il mio ora sono le loro domande, a volte mute, alle quali non voglio né posso sottrarmi.

About sabinaminuto

Insegno lettere nella scuola secondaria di II grado, a Savona, a metà strada tra il mare e le montagne. Collaboro con il gruppo IWT, per cui sono anche formatrice. Mi interesso di teatro sociale con T21. Viaggio. Scrivo.
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1 Response to Della pratica riflessiva ovvero del qui e ora

  1. Paola says:

    Hai ragione. Hic et nunc. Ma come faccio se non capisco nemmeno mia figlia che mi ha detto “tu non capisci?” Arghhhh!!!!

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