Il linguaggio e (è) l’esperienza

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Il linguaggio è una capacità ereditata da tutti i bambini, ma solo come capacità di codificare il pensiero, cioè di rendere equivalente una stringa di suoni con un particolare pensiero. La lingua italiana, inglese, bantù… dovrà essere appresa, e il contesto è il grande responsabile di questo insegnamento. Nei primi anni è ovviamente la famiglia la maggiore responsabile dell’insegnamento della lingua parlata, che avverrà in modo del tutto informale e inconsapevole sia da parte di chi impara sia da parte di chi insegna.

Il Progetto Galileo sottolinea anche come sia essenziale raggruppare tutti gli usi cui si presta la lingua, in due grandi gruppi: usi sociali, per interagire con gli altri, e per i quali è sufficiente un codice ristretto, fatto di parole isolate e di frasi anche ellittiche; usi cognitivi, per apprendere, riflettere, prevedere, verificare. Gli usi cognitivi richiedono il possesso di un codice molto più elaborato, con un vocabolario più ampio e una sintassi estesa a capire e a formulare discorsi, con il collegamento di più frasi in precisa relazione fra loro.

Un tempo, quando era minore l’impatto delle distrazioni proposte oggi dal mondo moderno e tecnologico, l’educazione agli usi cognitivi e al discorso avveniva naturalmente attraverso la lettura, quando per divertirsi i bambini leggevano molto, volentieri e per il proprio piacere. Oggi una quota crescente di bambini, anche ben dotati, legge sempre meno ed è quindi proprio nell’area linguistica che affiorano le maggiori difficoltà nel cammino degli studi. È a ritardi negli usi cognitivi e nella competenza linguistica a livello di discorso che possiamo ascrivere la maggior parte dei cosiddetti disturbi dell’apprendimento.”

Il rapporto fra comportamenti osservabili e i circuiti nervosi che li sottendono, o pensieri, può essere tradotto in pratica nell’assioma: “più il bambino è autonomo, più pensieri possiede”. Se i nostri pensieri fossero sempre attivi, più si cresce e si impara, maggiore sarebbe la confusione nella mente. I pensieri invece restano tutti in uno stato di costante riposo. Soltanto quando il loro uso è necessario vengono resi attivi. Per essere attivati vengono posti in una particolare memoria a breve termine, detta memoria di lavoro. Per insegnare la lingua in modo più consapevole è tuttavia opportuno che gli insegnanti conoscano come si vengano a formare i rapporti semantici, cioè i collegamenti fra il pensiero da un lato e la sua codifica, il linguaggio, dall’altro. Anche per questo vengono in aiuto le neuroscienze.

“Per dare ai bambini la massima probabilità di formare solidi rapporti semantici è necessario che pensiero e linguaggio vengano a trovarsi in contiguità all’interno della memoria di lavoro. Ciò trova la sua contropartita pratica nel suggerimento che il Progetto dà agli educatori: “fate agire direttamente i bambini, in modo che rendano attivi i relativi pensieri, e subito fornite loro brevi commenti su quello che stanno facendo”.”

Jacqueline Bickel

Ho ricopiato qui sopra tutto quello che del progetto segnalato in eddablog mi interessa.

Da tempo mi sono accorta che il linguaggio e la sua didattica sono fondamentali e nelle pratica sociale l’acquisizione del linguaggio è davvero uno spartiacque imprescindibile.

Mi sono accorta anche che non ho gli strumenti per aiutare a migliorare chi arriva alle medie e “o non sa scrivere o non sa parlare ” come dicono i colleghi.

Nonostante i miei sforzi non ho ancora trovato un sistema funzionale e funzionante. Tuttavia ad alcune deduzioni ero arrivata in maniera empirica, nella pratica. Faccio sempre riflettere sul perchè uso una parola al posto di un’altra e insisto sul pensiero metacognitivo, nel mio piccolo.

Adesso leggo queste parole e capisco che dovrei avere strumenti altri, che non possiedo. Ma poichè il tutto mi interessa moltissimo proseguirò nell’approfondimento.

“L’apprendimento è esperienza. Tutto il resto è solo informazione” Albert Einstein

About sabinaminuto

Insegno lettere nella scuola secondaria di II grado, a Savona, a metà strada tra il mare e le montagne. Collaboro con il gruppo IWT, per cui sono anche formatrice. Mi interesso di teatro sociale con T21. Viaggio. Scrivo.
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8 Responses to Il linguaggio e (è) l’esperienza

  1. Daniele says:

    Anch’io trovo fondamentale, per gli insegnanti, un’infarinatura di “scienze cognitive”, almeno ad un livello divulgativo. Per scienze cognitive si intende tutta quella psicologia che, a differenza degli approcci di tipo più “filosofico“(prendila con le pinzette), si fonda su basi scientifiche e sperimentali come le neuroscienze. La maggior parte dei divulgatori in questo campo considera fondamentale il ruolo della scuola per il benessere del genere umano
    Personalmente, se ti va qualche consiglio (ome intuisco dall’ultima parte del tuo post), ho trovato particolarmente interessanti “Formae mentis. Saggio sulla pluralità dell’intelligenza” di Howard Gardner (imprescindibile), “La cultura dell’educazione” di Jerome Bruner e, in generale, i testi divulgativi di Daniel Goleman :-).

    • sabinaminuto says:

      Ciao
      Conosco Gardner e Bruner ma non Goleman.
      Mi consigli un titolo?

      Io sto leggendo il pamphlet di M. Serres “Non è un mondo per vecchi” e lo trovo illuminante a tratti.

      Sab

  2. criszac68 says:

    Ho avuto la fortuna di conoscere e lavorare insieme alla prof Bichel per diversi anni…Fu amore a prima vista la volta che l’ho conosciuta nel 1990 in una conferenza proprio sullo stretto legame tra pensiero e linguaggio in quel di Volterra, dove ho vissuto i miei primi anni lavorativi. Ci siamo poi rincontrate nel 1997, quando insieme ad un altro singolare personaggio nell’ambito della psicopedagogia, il prof Giuliano Giuntoli, abbiamo cominciato ad intraprendere l’avventura del Progetto Galileo che in quegli anni era ai suoi esordi e che ora, anche nel mio I.C, a livello di scuola dell’Infanzia, è consolidato, apprezzato e sostenuto da insegnanti e genitori. Da questa relazione professionale, snodatasi per 8 anni, ho imparato veramente tanto e ho combattuto molto quando, col mio passaggio alla scuola primaria, ho cercato di caldeggiare l’adesione al Progetto anche per questo ordine di scuola. Ma la sua complessità, tutta positiva, soprattutto per ciò che attiene la somministrazione dei protocolli di verifica mediante cui rilevare situazioni di disagio soprattutto nell’area logico-linguistica per poi pianificare e attuare interventi mirati in piccolo gruppo o individualizzati, è stata giudicata da molte come impraticabile in una scuola primaria e la mia battaglia purtroppo ha conciso con l’inizio della sciagurata politica dei tagli, disincentivante qualsiasi novità. Dopo qualche anno, abbiamo però adottato il Progetto Senza Zaino, che anche se non prevede l’uso di quegli strumenti di verifica così scientifici e perciò rigorosi e articolati, rispecchia molto la “filosofia” del Progetto Galileo, che per riassumerla simpaticamente alla Giuntoli, è: non si può dare a tutti la solita minestra…. I due prof, ormai in età avanzata, ma sempre molto energici e pimpanti, non mancano mai, in ogni occasione, di sottolineare la valenza educativo/formativa del piccolo gruppo, nel senso che quell’ uso cognitivo del linguaggio non può, secondo i loro studi, essere acquisito nel gruppo classe e, soprattutto per via trasmissiva. La loro bandiera è appunto, attivare esperienze significative per l’apprendimento nel piccolo gruppo, perché altrimenti è vero che tutto il resto è informazione…e non lascia segno alcuno.
    Riprenderò questa riflessione che mi hai stimolato in un mio prossimo post, dove inserirò anche un po’ di bibliografia utile dei due saggi

    • sabinaminuto says:

      Che fortuna!
      Qui in Liguria non ci sono quasi mai occasioni del genere o almeno io non ne sono a conoscenza.

      Ma come avete fatto voi?
      Non hai dovuto combattere contro chi dice che tanto non serve a nulla, che non ci pagano abbastanza, che non ha tempo, che la colpa è delle famiglie, del ministero, del DS ecc ecc ecc?

      Io sono a volte così stanca… Per ora mi limito ad aggiornarmi per conto mio e a sperimentare con i miei studenti.
      Ma che fatica!

      Il mio collega mi dice sempre che è l’ora che ci arrendiamo all’idea che non si cambia una scuola in due .

      Ciao
      Aspetto il tuo post con bibliografia.

  3. Daniele says:

    “Intelligenza emotiva”, “Emozioni distruttive” (con il Dalai Lama), uno sulla creatività di cui non ricordo il titolo.
    ciao

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